Editoriale di Mons. Mauro Cozzoli pubblicato oggi 6 ottobre 2022 su Avvenire è vita
La salute disuguale è il titolo di un convegno organizzato dalla sezione romana dei medici cattolici Amci. Titolo tratto dal libro omonimo di Michael Marmot, fondatore dell’epidemiologia sociale, intervenuto al convegno con un collegamento da Londra. Alle denunce e linee d’azione tracciate nel volume si sono ispirati i diversi relatori, rileggendole nella condizione sociale del nostro Paese.
L’attenzione è polarizzata sui determinanti sociali della salute. Questo perché ci sono stretti legami tra lo status sociale e le ineguaglianze nelle condizioni di salute. A causare malattie, infatti, non ci sono solo fattori clinici. Ci sono condizioni sociali predisponenti. Prima tra tutte la povertà eco-nomica e, alla base, l’ingiusta distribuzione di risorse e opportunità. Per cui la prima diseguaglianza è tra Paesi ricchi, in grado di predisporre istituzioni e strutture di prevenzione e terapia, e Paesi poveri.
Il problema però lo ritroviamo anche nei primi, dove la stratificazione della società genera un’oscillazione decrescente di opportunità sanitarie, dagli strati più alti ai più bassi della piramide sociale. In essi interagiscono determinanti altamente differenzianti: sacche di emarginazione e scarto sociale, condizioni e retribuzioni di lavoro precarie, evasione scolastica, dispariti di accesso a strutture sanitarie, cattivo funzionamento dei sistemi di welfare, periferie deteriorate, alti livelli d’inquinamento, habitat insalubri.
Tutti fattori di deprivazione, i quali sono causa di malattia. Sono, Infatti, le persone socialmente più disagiate, con una scolarità più bassa e minore controllo sulla propria esistenza quelle che si ammalano di più, poiché le condizioni di povertà e lo svantaggio sociale sono associate a una maggiore frequenza di fattori di rischio individuali, a stili di vita non salutari e ad ambienti di vita più degradati. Ciò non toglie che vi siano incluse anche persone e fasce di popolazione non economicamente disagiate ma con un vissuto sregolato e dissoluto. Pure questa è una forma di povertà, da annoverare tra le miserie spirituali e morali, incidenti anch’esse sulla salute.
Tutto questo sta a mostrarci come la salute non sia garantita solo dalla disponibilità ed efficienza delle strutture di cura, ma altresì dalle condizioni e condotte di vita delle persone. A conferma c’è l’esempio degli Usa che, pur avendo alti livelli di assistenza sanitaria, hanno un’aspettativa di vita più bassa di alcuni Paesi del Terzo Mondo.
Dalla denuncia l’annuncio morale. La povertà non è un destino e le disuguaglianze di salute non sono inevitabili. Ogni disuguaglianza tra persone disattende un diritto. La salute e la sua tutela sono un diritto fondamentale, da riconoscere non solo a valle della cura ma, ancor prima, a monte dei determinanti sociali. Un diritto che fa appello a una responsabilità di giustizia sociale. Di essa è garante la politica, chiamata a fronteggiare le ineguaglianze con provvedimenti legislativi volti a incidere sui determinanti sociali della salute.
Con la politica la società civile, chiamata a promuovere una consapevolezza pubblica diffusa di tali determinanti. E nella società Civile la persona, perché ciascuno può e deve adoperarsi per condizioni e stili di vita sani e salutari