Rassegna Stampa

Sfide per i medici. La qualità umana del prendersi cura.

Nell’epoca della postmodernità tecnoliquida nuove sfide attendono il medico. In questo senso, l’Amci
nazionale e l’Amci della diocesi di Roma in particolare possono essere un motore fondamentale per ispirare risposte ai processi di decostruzione che riguardano tutte le realtà postmoderne e anche la medicina. Credo che le sfide con le quali dobbiamo fare i conti siano sostanzialmente tre. Si tratta di sfide che in realtà riguardano l’intera società umana, ma che in modo specifico toccano il sapere medico, e anzi direi l’arte medica e il medico stesso.
La prima sfida è quella di recuperare l’umano nella relazione tra i medici e i loro pazienti. L’irruzione dell’intelligenza artificiale permette una medicina di eccellenza, tuttavia, sappiamo che, come ha ricordato Papa Francesco nell’udienza concessa proprio ai medici cattolici italiani in occasione del 70° anniversario
della fondazione dell’Amci, il prendersi cura è un atto profondamente umano, complesso e ricco di sfumature che nessun robot e nessuna intelligenza artificiale potrà mai sostituire. Dunque, accanto alla scontata fiducia nella tecnologia e nel supporto del progresso tecno-scientifico alla medicina, è necessario con coraggio riscoprire la qualità umana del prendersi cura. Si tratta di una sfida che interpella l’intera società, ma in modo specifico proprio la medicina: nella postmodernità tecnoliquida capire che cosa è umano e che cosa non lo è e comprendere come l’umano e il non umano interagiscono tra loro è una frontiera ineludibile. La seconda sfida è quella di affrontare il tema della salute disuguale che rappresenta la sfida di un mondo ingiusto, come ha affermato Michael Marmot. La pandemia da Covid-19 ha accentuato fortemente la salute disuguale e le varie forme di povertà. Oggi potremmo dire che la povertà di salute è una realtà che interessa tutti noi. Gli studi di Marmot sulla salute diseguale ci hanno insegnato che gli indici relativi all’aspettativa di vita, alla qualità della salute, alle giornate di invalidità e di malattia, insomma gli indici della salute sono distribuiti diversamente nelle varie realtà sociali e questo riguarda anche una città come Roma. Combattere la salute disuguale è un atto di grande giustizia alla quale non possiamo sottrarci. Anche questa sfida riguarda l’intera società, ma la medicina e i medici sono interpellati in modo più significativo.
La terza sfida riguarda un settore fondamentale, quello della salute mentale. Già prima della pandemia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva dichiarato che la depressione sarebbe stata la principale
causa di invalidità nel mondo, ma ora sappiamo che la salute mentale costituisce una vera e propria emergenza.
La pandemia, con il suo impatto traumatico sulla popolazione in generale e su alcuni sottogruppi in particolare (gli operatori sanitari, i sopravvissuti alle terapie intensive, i parenti che hanno perso i loro cari senza poter celebrare i riti per mettere ordine al caos emotivo del lutto, i bambini e gli adolescenti, gli anziani minacciati di morte), costituisce un fattore di rischio per la salute mentale che aggraverà la sofferenza e il disagio psichico in tutta l’umanità.
Questo sarà ancora più evidente nelle grandi città dove il tessuto sociale è più labile e sfumato e dove le relazioni interpersonali sono più difficoltose. Queste sfide riguardano fortemente la capacità di costruire relazioni umane e interpersonali significative, sane e autentiche.
Oggi sappiamo che buone relazioni fanno una buona salute mentale. I medici cattolici possono assumere pienamente l’onere di essere gli ispiratori di azioni intese a promuovere profondamente l’umano, le buone relazioni e a contrastare la povertà di salute in modo efficace.
Tonino Cantelmi presidente Amci Roma

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